Al via il primo campo di Estate Liberi a Polistena
Viene in mente un'immagine abituale del partecipante ad un campo di Estate Liberi.
Lo sguardo curioso lungo vie di paese; l'emozione un po' trattenuta durante le testimonianze; il camminare stanco dopo una mattinata d'impegno su un terreno confiscato; il gesto di levarsi le scarpe inzaccherate e riporle per il giorno dopo; la promessa morale di ricordare una vittima innocente di mafia, promessa sottoscritta attraverso una stretta di mano con il familiare. Il tutto in un palazzo confiscato a Polistena, dove in passato altre strette di mano sigillavano accordi di potere.
Quest'immagine del campista è la stessa che hanno lasciato i ragazzi del gruppo parrocchiale di Faenza: ben 23 accompagnati da 5 catechisti, nella prima settimana di agosto.
Nel salone del palazzo confiscato i più giovani, pur avendo quaderni e penne, non scrivono; ma memorizzano l'essenziale. Un ragazzo ricorda le parole di Domenico, presidente della cooperativa Valle del Marro – Libera Terra. “Quando è nato mio figlio, ho capito che avrei dovuto fare di più e non fermarmi. Non volevo che guardandomi negli occhi, mi accusasse di non aver fatto nulla per questo paese”.
I ragazzi non confessano tutte le domande che li agitano, ma le poche che fanno sono significative.
Non abbracciano l'evento di un incontro o della visita di un luogo con troppa enfasi, ma poi seguono con lo sguardo acceso il giornalista sotto scorta che va via nell'auto blindata, o lanciano un bacio malinconico di addio al mare di Calabria, da un lido confiscato alla 'ndrangheta.
Li viene a trovare Michele Albanese, giornalista calabrese sotto scorta dal 2014 a causa della sua forza di ribellarsi e gridare giustizia dai suoi articoli senza paura. Albanese racconta ai partecipanti nozioni storiche e mitologiche sul territorio calabrese; spiega come la 'ndrangheta abbia espanso il suo dominio su una terra d'incanto; afferma con voce stentorea che “la 'ndrangheta gode di consenso culturale, politico e sociale”; analizza il suo agghiacciante peso economico e finanziario; finisce il suo intervento con voce tremante, raccontando della sua vita e di come questa sia cambiata dopo le minacce. Saluta, riponendo la speranza del cambiamento proprio nel dovere di tenersi informati.
Tra i testimoni del campo, c'è poi la professoressa Carmela Ferro. E' la fidanzata di Giuseppe Valarioti, un dirigente politico calabrese ucciso a 30 anni in un agguato nell'estate del 1980. La sua morte rimane ancora oggi senza verità e giustizia. La professoressa di lettere narra la storia di “Peppe” con contenuta emozione, menzionando aneddoti sulla sua persona e descrivendolo come un'anima pura e capace di trasmettere agli altri quei valori e principi di giustizia e dignità ai quali ha dedicato la sua intera vita. Conclude dicendosi convinta che “anche se è passato molto tempo, la storia di questo ragazzo così generoso, così appassionato, così coraggioso potrebbe, per la forza ideale che contiene, smuovere e scuotere le coscienze”.
Tante emozioni, tanti pezzi di vita differenti che però sono accomunati dalla stessa dedizione e dall'amore per la propria terra.
A collaborare per la riuscita del campo ci sono anche Fernanda, Onorina, Valerio e Mario, tutti attivisti dello SPI di un altro territorio, la provincia di Vicenza. Mario, a fine campo, parla di “esperienza di volontariato, fatta di attività fisiche ed intellettuali, di conferma in valori in cui si esprime il nostro miglior comportamento ed il nostro miglior parlare”. Con loro ci sono anche Pasquale e Carmelo, dello SPI della Piana di Gioia Tauro e di Reggio Calabria che nel campo di Estate Liberi immettono le storie personali e pubbliche di battaglie sindacali in nome dei diritti, del lavoro e della democrazia.
Estate Liberi si conferma un'esperienza ricca di insegnamenti ed esempi, che può aiutare chi sceglie di parteciparvi, a crescere dal punto di vista personale.
La controvoglia con cui i ragazzi di Faenza salgono sull'autobus del ritorno a casa, è un sintomo evidente di ciò che è successo, silenziosamente, durante il campo. Una trasformazione. È prematuro vedervi un cambiamento sostanziale: si tratta piuttosto di un'inquietudine positiva. Anche il divertimento di qualche serata accentua il nuovo stato di consapevolezza dei ragazzi.
“Così funziona il dispositivo educativo del campo di Estate Liberi” afferma Antonio, uno dei soci della Valle del Marro – Libera Terra.
“È l'occasione per cominciare a costruire una coscienza, individuale e collettiva, di riscatto in tutta Italia” afferma Beatrice, che sta svolgendo presso la cooperativa il Servizio civile universale. “Al ritorno dal campo, l'obiettivo è quello di continuare ad impegnarsi quotidianamente nell'associazione Libera e nel proprio territorio di provenienza.”